“Le onde” di Virginia Woolf

Sono grata di aver potuto, grazie a questa proposta da parte del club del libro che frequento da ormai più di due anni, dare un’altra possibilità a Virginia Woolf, dopo aver faticosamente letto parte di Mrs Dalloway al liceo e averlo pressoché detestato. Le onde, invece, mi è parso più dinamico e più profondo: mi ha permesso di calarmi immediatamente dentro una prosa certo non facile ma affascinantissima, e di riconoscermi in molte delle riflessioni operate dai personaggi.

Le onde mette in scena, attraverso continui flussi di coscienza incrociati, in forma di soliloquio, le vite di sei personaggi: Jinny, Susan, Rhoda, Bernard, Louis e Neville. Il protagonista assoluto della storia, però, è il tempo: attraverso dieci interludi, passaggi lirici contrassegnati dal corsivo che suddividono la narrazione in nove parti, viene descritto il movimento del sole che si specchia nel mare nel corso delle diverse ore del giorno, mentre fa da sfondo lo sciabordio delle onde. Così come trascorre la giornata, sino a lasciare spazio all’oscurità che “si espandeva, copriva le case, le colline, gli alberi, al mondo in cui le onde lambiscono i fianchi di una nave affondata”, anche la vita dei personaggi passa e si consuma, e il lettore si trova ad accompagnarli dall’infanzia sino alla vecchiaia, attraverso domande esistenziali, intricate questioni relazionali e affioramenti improvvisi di ricordi.

I personaggi prendono la parola uno alla volta, cominciando a descrivere alcuni particolari della realtà per poi mutarli in immagini allegoriche, di cui spesso risulta impossibile cogliere nuovamente la referenzialità. L’abbondanza di figure retoriche caratterizza una prosa che a tratti è delicata, sognante, e in certi momenti diventa ansiosa e febbrile, obbligando il lettore a mantenere la massima attenzione al fine di non perdere di vista il legame, già sufficientemente precario, fra parola e contenuto.

I dubbi che assillano i personaggi durante la loro vita sono molto spesso anche quelli del lettore, e riguardano questioni profonde, come ad esempio il rapporto fra la vita e la morte, che certamente assillava molto anche l’autrice. Nella fatica di giungere a una risposta univoca nell’ammasso inestricabile dell’esistenza, il linguaggio si fa impalpabile e metaforico, ma si configurano allo stesso tempo un ritmo e una sonorità capaci di ripercorre l’avanzare e il ritirarsi delle onde del mare. La peculiarità di questo modo di scrivere fa ammettere alla Woolf nel suo diario, il 16 novembre 1931: “Le onde è il mio primo lavoro nel mio proprio stile”.

Consiglio questo libro a chi ha bisogno di una lettura profonda, a patto di saperne accettare lo spaesamento che può derivarne. Non sono solo i contenuti, ma è anche e soprattutto l’assenza di una voce narrante a gettare nella confusione il lettore, che penso possa uscirne lucidamente solo immaginando di inserire, in mezzo a queste vite, anche la propria, e lasciandosi guidare dai personaggi senza riconoscersi eccessivamente – pena, forse, il rischio di un assoluto sconforto – in nessuno di essi.

Chiara

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